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Endoinfusione, trattamento eco-friendly per gli alberi

Nella cura della vegetazione arborea, gli interventi fitosanitari che prevedono l’irrorazione della chioma rappresentano ancor oggi la pratica di gran lunga più diffusa. Della soluzione applicata, solo una piccola percentuale, stimata attorno al 5%, raggiunge il bersaglio. La società s’interroga sul destino ambientale e sull’impatto del restante 95% della soluzione preparata: perdita diretta al suolo (e successiva lisciviazione o ruscellamento), evaporazione, deriva, con il rischio di intercettazione da parte di organismi non bersaglio (flora, fauna, esseri umani compresi), sono le principali vie di dispersione nell’ambiente. L’impatto ambientale degli interventi fitosanitari, soprattutto su grandi soggetti arborei, non è più trascurato e trascurabile. L’ambiente è un sistema complesso nel quale coesistono prede e predatori, esseri nocivi per la vegetazione e loro antagonisti. La parallela diffusione di “insetti alieni” nel nostro territorio nazionale impone da un lato la tutela del verde attraverso l’eventuale ricorso a sostanze insetticide ma al contempo richiede un’attenzione spiccata verso gli effetti inquinanti che possono avere tali sostanze.

I metodi endoterapici sono noti fin dai tempi di Leonardo da Vinci tanto da trovarne traccia nel suo Codex Atlanticus. L’endoterapia consentirebbe l’introduzione nei vasi linfatici degli alberi di piccolissime quantità di liquidi ad azione antiparassitaria, sufficienti a debellare l’agente nocivo e a evocare una sorta di immunità per diversi mesi a venire. Il riscontro ecologico è assolutamente a favore di queste iniezioni e pure l’efficacia contro la quasi totalità di specie entomologiche che minacciano lo stato vegetativo dell’albero risulta manifesta. Tuttavia, per tutta una serie di effetti collaterali sulle piante trattate, descritti di seguito, tali metodiche endoterapiche tradizionali non sono mai decollate definitivamente.

Nel corso degli anni, le tecniche di iniezione al tronco non si sono più di tanto evolute: la necessità di praticare dei fori lungo la circonferenza del fusto per consentire l’iniezione del liquido è rimasta immutata e gli effetti negativi dovuti a queste ferite, pure. I fori praticati servendosi di un comune trapano possono promuovere l’ingresso e la diffusione di agenti patogeni fungini e batterici, mentre l’alta pressione esercitata per iniettare il prodotto dall’esterno può provocare il danneggiamento del cambio e la generazione di lesioni corticali (distaccamento e spaccatura della corteccia). Ulteriore danno può essere provocato dalla inevitabile formazione di emboli, ovvero bolle d’aria che dal foro vengono introdotte all’interno dei vasi conduttori, impedendo lo scorrimento della linfa e del prodotto iniettato e rendendo così non più funzionali tali porzioni di tessuto conduttore.

Lo scenario è radicalmente cambiato con l’avvento dell’endoinfusione, termine coniato da Newpharm in collaborazione con PAN/De Rebus Plantarum, spin-off dell’Università degli Studi di Padova, artefice di un nuovo sistema endoterapico non più basato su fori “indelebili” bensì sul distanziamento delle fibre a mezzo di sottili aghi che verranno rimossi una volta terminate le cure, affinché avvenga la naturale cicatrizzazione del legno.

Bitecare: facile come battere un chiodo!

In realtà non si tratta di un chiodo affisso in maniera definitiva sul legno ma piuttosto dell’introduzione temporanea di un ago a sezione lenticolare che divarica le fibre vegetali senza surriscaldarle ed evitando l’asportazione di tessuto vegetativo. Mimando una perfusione in campo medico, questa tecnica rivoluzionaria consente di trattare soggetti arborei di qualunque età, con diametro minimo del tronco di circa 3 cm. L’inserimento degli aghi lungo la circonferenza sulla base delle dimensioni non solo offre la possibilità di veicolare gli antiparassitari ma concede il lusso di concimare anche alberi imponenti, evitando pesanti quantità di fertilizzante che finirebbe disperso nel terreno.

Materialmente il sistema consiste in un percussore al quale si aggancia un supporto (“porta-ago”) con avvitato un ago delle dimensioni opportune; il percussore è dotato di una massa battente, per l’inserimento degli aghi perpendicolarmente alla direzione delle fibre vegetali.

Accostando il sistema Bitecare alla perfusione per scopi medici, diventa subito chiaro il concetto di distribuzione spontanea dei fluidi sfruttando il sistema vascolare degli alberi. Non solo. Come in terapia endovenosa i fluidi scendono per gravità, anche il sistema Bitecare non necessita, salvo in alcuni frangenti, di forze esterne per iniettare il liquido nel fusto. Dall’iniezione si passa dunque all’infusione a pressione atmosferica.

La nuova frontiera dell’endoterapia: l’iniezione lascia il posto all’endoinfusione

Il principio dell’endoinfusione si basa sulla differenza di potenziale idrico che si viene a creare fra le radici e le foglie in fase di traspirazione (ovvero perdita di vapore acqueo dagli stomi). Questo significa che la velocità del trattamento varia in modo proporzionale al volume d’acqua disperso dalle foglie. Per tale motivo i periodi migliori per condurre l’endoinfusione sono le giornate primaverili-estive, soleggiate e con leggera brezza. In condizioni normali (durante la stagione vegetativa), ad esempio, un platano comune (Platanus acerifolia) può assorbire 20 mL di prodotto in meno di 1 minuto. Ne consegue che l’intervento, oltre a non risultare invasivo e dannoso nei confronti della pianta, si risolve in un periodo di tempo decisamente breve.

Sulle resinose questi principi non sempre valgono. La resina è un ostacolo di non poco conto e per superarlo è stato necessario sviluppare il R.i.t.e.: Resinous injection tool evolution. Si tratta di un sistema chiuso che permette all’operatore di impartire con facilità una leggera pressione creata con una speciale siringa, quanto basta per controbilanciare la pressione della resina che può fuoriuscire dai dotti resiniferi.

Caso pratico: la processionaria del pino

Thaumetopoea pityocampa (Denis & Schiffermüller) (Lepidoptera, Notodontidae) è un lepidottero univoltino oligofago su conifere. L’insetto colpisce tutte le specie di Pinus e di Cedrus; occasionalmente è possibile trovarlo anche su Larix decidua e sulla introdotta Pseudotsuga menziesii.

Le larve della processionaria possono causare ingenti danni alle chiome, che possono essere completamente distrutte nel caso di attacco grave. Anche se raramente possono portare a morte gli alberi attaccati, continue defogliazioni e conseguenti riduzioni della crescita li possono rendere nel tempo più suscettibili a pericolosi patogeni secondari. Bisogna dedicare molta attenzione al rischio pubblico per la salute derivante dalle larve della processionaria, in quanto i loro peli urticanti possono provocare negli esseri umani una reazione allergica (dermatite da contatto).

Come riconoscerla

Sulle branche degli alberi colpiti sono facilmente identificabili i caratteristici nidi oblunghi, setosi, di colore da bianco a grigio chiaro. Le branche prossime ai nidi possono essere defogliate parzialmente o completamente dalle larve che si nutrono degli aghi.

Il ciclo biologico

Il ciclo di vita di T. pityocampa ha due fasi principali: una prima fase aerea per adulto, uova e larva, e una fase ipogea per la pupa. Normalmente il ciclo è annuale ma le pupe possono rimanere in diapausa anche per 1-3 anni, in funzione dell’altitudine e della latitudine. Gli adulti volano in luglio, e, dopo l’accoppiamento, le femmine depongono 70-300 uova in arrangiamento elicoidale attorno a un paio di aghi solitamente sui pini più vicini. Dopo 30-45 giorni emergono le giovani larve gregarie, che tessono nidi setosi. Nel periodo invernale, qualora le condizioni climatiche siano adatte, esse lasciano i nidi durante la notte per nutrirsi degli aghi. A crescita ultimata, le larve misurano circa 40 mm in lunghezza, con una testa nera a capsula e le caratteristiche file di peli dorsali urticanti rossastri arrangiati in coppie su ogni segmento del corpo. Le larve entrano nello stadio di pupa a fine inverno/inizio primavera: la colonia è comunemente condotta in una fila da una futura femmina alla ricerca di un sito adatto (la cosiddetta processione) per costruire un tunnel sotterraneo e impuparsi nel suolo. La diapausa viene interrotta un mese prima dell’emergenza dell’adulto in estate.

Il controllo

Contro la processionaria del pino è possibile intervenire in diversi momenti dell’anno. In inverno si procede con la lotta meccanica (asportazione e distruzione dei nidi), attuando tutte le misure cautelative al fine di evitare il contatto con le larve. A fine inverno è anche possibile installare delle trappole (Processorex New), utili a intercettare e catturare le larve durante la discesa dall’albero. Trappole a feromoni sessuali o con luce UV possono essere utilizzate dall’inizio dell’estate sia per il monitoraggio che per la cattura massale. All’inizio dell’autunno è possibile intervenire con un trattamento tramite irrorazione sulla chioma con Bacillus thuringiensis var. kurstaki.

Tramite l’endoterapia con Bitecare è possibile proteggere i pini dalla processionaria dall’interno. L’iniezione al tronco con principi attivi autorizzati rappresenta infatti una valida alternativa per ottimizzare la persistenza e la distribuzione omogenea dell’insetticida nelle conifere (anche di grandi dimensioni). Il prodotto per l’applicazione endoterapica con Bitecare contro la processionaria del pino si chiama Micromegas®, un insetticida-acaricida specifico per il trattamento endoterapico. L’applicazione può essere effettuata da settembre-ottobre sui cedri, spingendosi anche ai mesi di novembre-dicembre-gennaio per i pini (dove la pressione della resina durante la stagione tardo-estiva può essere molto alta); in questo secondo caso è consigliabile optare per il sistema R.i.t.e., per iniettare il prodotto con la pressione minima sufficiente per controbilanciare la fuoriuscita spontanea della resina.

Infestazione di processionaria del pino su Cedrus deodara. Foto Dal Maso E.

Nido di giovani larve di processionaria. Foto Dal Maso E.

La processione delle larve, alla ricerca di un sito idoneo dove impuparsi. Foto Klaudatos C.

A facilitare ancor più l’infusione, specialmente se le condizioni ambientali non sono ideali, ci pensa il Sapjet® HD, altra creazione di PAN/De Rebus Plantarum sottoposta a brevetto. Il Sapjet® HD ha la funzione di facilitare e velocizzare l’assorbimento dei fluidi, aumentandone la compatibilità con la linfa dei vegetali.

L’endoinfusione è accostata nella maggior parte delle volte a interventi terapeutici contro parassiti ma questa tecnica così efficace e non invasiva, permette anche l’apporto di nutrienti alla pianta in maniera rapida ma soprattutto efficace.

Energia a rapida assimilazione con Enerbite®

La concimazione degli alberi di grandi dimensioni avviene quasi esclusivamente attraverso l’apporto al terreno di concimi solidi. Anche in questo frangente, solo una minima quantità dei nutrienti apportati viene assimilata dalle radici e traslocata alla chioma. Il metodo Bitecarepermette l’impiego di Enerbite®: una soluzione nutriente a rapida assimilazione contenente fosfiti di potassio che, oltre a integrare una selezione specifica di microelementi, stimola la formazione di complessi utili alle difese immunitarie delle piante.

L’endoterapia, grazie al sistema Bitecare, è diventata un metodo di protezione rapido, efficace e soprattutto alla portata di tutti, grazie all’ingombro ridotto delle attrezzature e alla modalità d’impiego: facile, come battere un chiodo!


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